Nel mondo della SEO tecnica, le “pagine orfane” rappresentano un problema tanto comune quanto trascurato. Si tratta di contenuti che esistono all’interno del tuo sito, ma che non ricevono alcun collegamento interno.
Immagina una stanza chiusa a chiave in una casa: esiste, magari è anche ben arredata, ma nessuno può entrarci. Allo stesso modo, una pagina orfana può essere perfetta nei contenuti, ma se non è raggiungibile dai link interni Google farà molta fatica a trovarla, indicizzarla e valorizzarla.
In questa guida approfondita vedremo cosa sono nel dettaglio le pagine orfane, perché sono dannose per la SEO e come individuarle e risolverle efficacemente.
Table of Contents
Cosa sono e come nascono le pagine orfane
Una pagina orfana è una pagina esistente nel tuo sito, accessibile tramite URL diretto e spesso presente nella sitemap, ma che non riceve link da nessuna altra pagina del sito. Questo significa che:
- non fa parte della struttura di navigazione interna
- non è raggiungibile da menù, categorie, tag o articoli correlati.
Le pagine orfane spesso derivano da errori nella gestione del sito. Un caso frequente è la migrazione di contenuti, durante la quale alcune pagine vengono escluse dal nuovo menù o dai link contestuali.
Altre volte si tratta di landing page create per campagne pubblicitarie temporanee che, una volta conclusa la campagna, rimangono attive ma scollegate. In siti e-commerce, può accadere che una scheda prodotto venga lasciata online senza più link dalle categorie.
Anche l’uso disordinato dei tag o una struttura poco coerente del sito possono generare pagine orfane.

Perché le pagine orfane sono un problema per la SEO
Dal punto di vista dei motori di ricerca una pagina senza collegamenti interni è difficile da scoprire. Google esplora il web seguendo i link e saltando da un collegamento all’altro: se una pagina non riceve collegamenti (e cioè link in entrata da altri contenuti dello stesso sito web), rischia di non essere mai visitata, e questo comporta problemi su più fronti.
Innanzitutto si spreca il crawl budget, cioè la quantità di risorse che Google dedica all’analisi del tuo sito. Il crawl budget è limitato: se Googlebot – o altri crawler – spreca tempo a tentare di accedere a pagine non rilevanti, potrebbero essere trascurati contenuti più importanti. Le pagine orfane, non essendo raggiungibili con naturalezza, raramente vengono scansionate di frequente, il che ne rallenta l’indicizzazione o la loro eventuale rimozione dall’indice.
Inoltre, una pagina priva di collegamenti interni non riceve link juice, cioè non beneficia dell’autorità trasmessa attraverso i link da altre pagine del sito. Di conseguenza, anche se è ottimizzata e ben scritta, avrà meno probabilità di posizionarsi nei risultati di ricerca.
Dal punto di vista dell’utente poi, queste pagine generano una cattiva esperienza di navigazione: un contenuto utile ma irraggiungibile viene sprecato, e il percorso di navigazione risulta frammentato e incoerente.
Infine, la presenza di molte pagine orfane può essere interpretata da Google come un segnale di scarsa organizzazione e cura del sito, con possibili ricadute negative sull’intero dominio.
Detto questo, ciò significa che le pagine orfane sono sempre un problema? Non necessariamente. Se una pagina ha scopo promozionale, è pensata per un accesso diretto da newsletter o campagne ADV, e non si desidera che sia accessibile via navigazione, allora può essere volutamente orfana. In quel caso, però, sarà importante non inserirla nella sitemap ed evitare quindi che finisca nell’indicizzazione dei motori di ricerca per errore.
Come identificare le pagine orfane
Identificare le pagine orfane richiede un’analisi tecnica, spesso basata sul confronto tra la sitemap e le pagine effettivamente linkate nella struttura interna. È possibile farlo manualmente su piccoli siti, ma su portali più ampi è necessario affidarsi a strumenti professionali.
Quanto spesso va fatto il controllo? Non c’è una regola fissa, e molto dipende dalla dimensione del sito, perché il rischio di pagine orfane spesso aumenta con l’aumento delle pagine online. In linea di massima possiamo dire che un controllo generale ogni 2-3 mesi potrebbe essere una buona pratica, soprattutto in siti con pubblicazioni frequenti o con molte landing temporanee.
Una pagina orfana non va confusa con una pagina non indicizzata, che è semplicemente esclusa da Google per motivi diversi, né con una pagina assente dalla sitemap, che può comunque essere linkata altrove. Google infatti può indicizzare lo stesso una pagina orfana, se viene scoperta attraverso la sitemap, i backlink o strumenti esterni, ma l’assenza di link interni ne limiterà il valore SEO.
Le pagine orfane possono essere anche generate involontariamente da CMS come WordPress, ad esempio con contenuti pubblicati ma non assegnati a una categoria, oppure da plugin che creano URL non collegati a contenuti principali.
Gli strumenti più efficaci sono quelli che permettono sia di analizzare il crawling interno, sia di incrociare i dati con sitemap, file di log o elenchi URL estratti da Google. Non è detto che avrai bisogno di affidarti a un esperto SEO per risolverle perché gli strumenti disponibili oggi facilitano molto il lavoro anche per chi non è un professionista, ma sicuramente avrai bisogno di una buona conoscenza della SEO.
Strumenti per identificare le pagine orfane
Per identificare le pagine orfane nel modo più efficace possibile, è utile ricorrere a software specializzati nell’analisi SEO tecnica. Questi strumenti permettono di incrociare le informazioni provenienti da diverse fonti: link interni, sitemap XML, URL noti da Google Search Console e altro ancora. Alcuni sono più adatti per l’analisi automatizzata e professionale, altri possono essere utilizzati anche da chi sta iniziando adesso a occuparsi di ottimizzazione SEO.
Screaming Frog SEO Spider
Screaming Frog SEO Spider è uno dei software più utilizzati dai professionisti SEO. Disponibile per Windows, Mac e Linux, consente di effettuare un crawling completo del sito, simulando il comportamento di un motore di ricerca.

Esiste una versione gratuita con limitazioni (fino a 500 URL) e una versione a pagamento con funzionalità avanzate.
Per installarlo ti basterà scaricarlo dal sito ufficiale, eseguire l’installer e avviare l’applicazione. Una volta aperto, inserisci il dominio da analizzare e avvia la scansione. Per individuare poi le pagine orfane, seleziona la tab Sitemap e poi filtra per “URL orfani”.

Nel caso di pagine presenti nella sitemap ma senza link in entrata, compariranno nel campo sottostante.
Google Search Console
Google Search Console è uno strumento gratuito offerto da Google per monitorare la salute di un sito web.

Non richiede installazioni, ma è necessario verificare la proprietà del sito tramite DNS o inserendo un tag HTML.
Una volta verificato l’accesso, accedi alla sezione “Copertura” nel menu di sinistra, dove sono elencate tutte le pagine indicizzate, scoperte o escluse. Le pagine con la dicitura “Scoperte ma attualmente non indicizzate” possono includere anche pagine orfane (ma non è detto che sia sempre così).

Analizzando questa sezione, incrociandola con i dati della sitemap, potrai individuare URL non raggiunti tramite link interni. L’informazione va poi confermata tramite un crawl interno per accertarsi dell’assenza effettiva di collegamenti.
Ahrefs
Ahrefs è una suite SEO a pagamento molto potente, utile per il monitoraggio dei backlink, delle parole chiave e della struttura del sito. Non richiede installazione in locale, essendo uno strumento cloud-based.

Per usarlo ti basterà registrarti, collegare il dominio tramite Search Console (oppure a mano, previa verifica) e poi avviare un Site Audit.
Le pagine orfane vengono evidenziate, qualora presenti, nell’elenco dei risultati dell’audit.

Per i siti di grandi dimensioni, Ahrefs ti consente anche di programmare audit regolari per tenere sotto controllo la presenza di nuove pagine orfane.
Sitebulb
Sitebulb è un altro software desktop, con funzionalità simili a Screaming Frog ma con un’interfaccia più orientata alla visualizzazione dei dati.

Dopo aver installato e avviato il programma, il primo passo consiste nel creare un nuovo progetto inserendo il dominio del sito da analizzare. Durante la configurazione, è importante abilitare l’opzione che consente a Sitebulb di analizzare anche la sitemap XML: in questo modo, oltre a seguire i link interni, il software potrà raccogliere URL da fonti esterne. Sitebulb cercherà in autonomia la presenza di sitemap già presenti, elencandole nella sezione sottostante.

Terminata la configurazione iniziale, si avvia la scansione del sito. Sitebulb esplorerà tutte le pagine raggiungibili tramite collegamenti interni e, contemporaneamente, registrerà gli URL presenti nella sitemap. Una volta completato il crawl, ci si può spostare nella sezione “Orphan Pages”, dove il tool mostra tutte le pagine che compaiono nella sitemap ma non sono state trovate tramite link interni: in altre parole, le pagine orfane.
Per ogni URL, Sitebulb fornisce informazioni dettagliate come lo status della pagina, il titolo, l’origine dell’URL e altri dati SEO utili per la valutazione. Oltre ai dati numerici, uno dei punti di forza di questo strumento è la visualizzazione grafica della struttura del sito, che aiuta a individuare a colpo d’occhio le aree isolate rispetto al resto del contenuto. Questo consente non solo di rilevare le pagine orfane, ma anche di pianificare con maggiore chiarezza una strategia per ricollegarle al resto del sito, migliorando la navigazione e la scansabilità.
Al termine dell’audit, Sitebulb ti mostrerà le pagine orfane nella sezione “URL explorer”, filtrando gli URL presenti nella sitemap ma non trovati nella struttura dei link interni. Una delle funzioni più utili è il grafico ad albero che mostra visivamente quali aree del sito sono isolate dal resto.
Rank Math e Yoast SEO
Anche se questi plugin sono noti principalmente come plugin SEO per WordPress, entrambi offrono una funzione integrata che può aiutarti a individuare le pagine orfane in modo semplice e diretto. Questa soluzione si rivela particolarmente utile per chi utilizza WordPress e desidera migliorare l’interlinking senza affidarsi a software esterni. Il processo si svolge tutto all’interno del pannello di amministrazione del sito.
All’interno della sezione “Articoli”, completata l’installazione di Yoast SEO o Rank Math comparirà una colonna che ti mostrerà i link in entrata e in uscita per ciascun articolo.
Nel caso di Rank Math troverai questi dettagli nell’ultima colonna denominata “Dettagli SEO”.

Nell’esempio qui sopra per esempio il plugin ci segnala l’assenza sia di link in uscita che di entrata.
Se usi Yoast SEO, invece, le due tipologie di link saranno suddivise in due colonne separate, come da immagine a seguire.

Attenzione però: occorre tenere a mente che sono esclusi da questo conteggio i link provenienti da eventuali menu o barre laterali, ma solo link presenti da pagine o articoli del sito, per cui potremmo avere dei casi in cui questi contenuti non sono vere e proprie pagine orfane.
Si tratta inoltre di una ricerca efficace fintanto che il numero di contenuti da verificare resta piuttosto contenuto, non essendoci la possibilità (almeno nella versione gratuita di Rank Math) di attivare dei filtri per visualizzare solo le pagine orfane.
Nel caso di piccoli progetti editoriali, però, questa via resta particolarmente utile perché, a differenza di altri strumenti, lavora in tempo reale sul tuo sito WordPress e non richiede caricamenti di sitemap o analisi complesse. È un’ottima soluzione per chi gestisce un blog o un sito di dimensioni contenute e vuole mantenere il controllo sull’architettura interna, assicurandosi che nessun contenuto resti isolato.
Strumento | Tipo | Tariffe | Funzione specifica per pagine orfane |
---|---|---|---|
Screaming Frog SEO Spider | Software desktop | Gratis fino a 500 URL / A pagamento | Sì, confronto sitemap e crawling |
Google Search Console | Tool online di Google | Gratuito | Parziale, tramite copertura e sitemap |
Ahrefs | Suite SEO cloud | A pagamento | Sì, sezione Orphan Pages |
Sitebulb | Software desktop | A pagamento (con trial 14 giorni) | Sì, URL explorer e visualizzazioni grafiche |
Rank Math / Yoast SEO | Plugin WordPress | Gratis con funzioni premium | Sì, segnala contenuti senza link interni |
Come correggere le pagine orfane
Una volta identificate le pagine orfane, il passo successivo è decidere come intervenire in modo strategico. Non tutte le pagine devono per forza essere conservate: la prima azione consiste nel valutarne l’utilità, l’attualità e il traffico. Di seguito analizziamo nel dettaglio tutte le principali strategie, ciascuna con un approccio specifico.
Aggiungere link interni da contenuti esistenti
Se si tratta di una pagina rilevante e si desidera mantenerla, il metodo più diretto per risolvere il problema consiste nell’aggiungere link verso le pagine orfane da altri contenuti già pubblicati. Questo approccio consente di farle rientrare nella rete di navigazione interna del sito, rendendole accessibili sia ai crawler dei motori di ricerca che agli utenti.
Può trattarsi di collegamenti inseriti in articoli correlati, in pagine di categoria, in menù tematici o in elenchi di risorse. È importante scegliere punti di collegamento che siano coerenti e contestualizzati, per garantire pertinenza semantica e migliorare l’esperienza utente.
Nel caso in cui le pagine orfane avessero del contenuto di particolare rilevanza, una strategia particolarmente utile è inserire i link alle pagine orfane all’interno degli articoli che ricevono più visite. Collegare contenuti poco visibili a pagine già autorevoli e ben posizionate consente non solo di aumentarne la possibilità di scansione, ma anche di trasmettere una parte del valore SEO, migliorandone la rilevanza agli occhi di Google.
Per scegliere gli articoli giusti, è possibile analizzare le statistiche fornite da Google Analytics per individuare le pagine più visitate e aggiornare i contenuti includendo collegamenti verso le pagine orfane.
Fondamentale, come sempre, sarà la coerenza fra i temi trattati nelle due pagine messe in collegamento tra loro. L’interlinking è infatti particolarmente efficace se avviene in contesti editoriali coerenti: un link all’interno di un paragrafo legato a una parola chiave, ha più valore di un collegamento generico nel footer.
Esistono due modi per gestire i collegamenti interni:
- manualmente, cercando pagine e/o articoli a tema simile e inserendo link contestuali;
- in modo più sistematico, ad esempio usando plugin come Link Whisper o Internal Link Juicer che suggeriscono in maniera automatica collegamenti rilevanti.
Un’ottima strategia è quella di creare collegamenti contestuali da articoli del blog, secondo una logica di topic cluster, in cui ogni contenuto rafforza gli altri. Ad esempio, una guida di approfondimento può essere linkata da articoli introduttivi, oppure una pagina prodotto può essere citata in un tutorial.
Non concentrarti solo su articoli e pagine: puoi creare link interni anche da elenchi risorse, categorie, così come aggiungendo rimandi dalla barra laterale (sidebar) o nel menù di navigazione.
Eliminare la pagina orfana
Se una pagina è obsoleta, ridondante o irrilevante, può essere eliminata del tutto. In questo caso, conviene assicurarsi che l’eliminazione non comporti errori 404 non gestiti, e se possibile impostare un redirect 301 verso un contenuto pertinente.
Prima però di eliminare il contenuto, valuta se non sia anche solo parzialmente riutilizzabile per alimentare una nuova pagina, magari proprio quella verso cui imposterai il redirect 301.
Inserire il tag “noindex”
Potremmo avere ancora un terzo caso: la pagina è utile, ma non deve essere indicizzata. Questo ad esempio può essere il caso di pagine promozionali o landing page abbinate a campagne specifiche provenienti da social o da email marketing. O ancora pagine di test, contenuti duplicati per uso interno, archivi inutili, pagine con questionari o altro. In questi casi la soluzione migliore può essere l’utilizzo del tag noindex
, che dice esplicitamente a Google di non indicizzare quella pagina.
Quando si decide che una pagina non dovrebbe essere indicizzata dai motori di ricerca, il tag noindex
rappresenta la soluzione più diretta. A seconda della struttura del sito e delle competenze a disposizione, esistono diversi modi per applicarlo. Ecco tutti i principali metodi disponibili.
Rank Math (WordPress)
Se utilizzi Rank Math per la SEO del tuo sito WordPress, applicare il noindex
è questione di pochi clic. A seconda che si tratti di un articolo o di una pagina entra nella rispettiva sezione nel backend di WordPress e individua il contenuto che non vuoi indicizzare. Clicca su “Modifica rapida” e ti aprirà un pannello con diverse opzioni.

Attiva l’opzione “Noindex” fra i campi “Meta robot” e clicca su “Aggiorna”.
Yoast SEO (WordPress)
Anche Yoast consente di applicare il noindex
con facilità. Clicca su Modifica per aprire la pagina desiderata, vai alla sezione Yoast SEO al fondo del contenuto, clicca su “Avanzate” per aprire la scheda relativa.

Dove è indicato “Vuoi permettere ai motori di ricerca di mostrare questo contenuto nei risultati di ricerca?” seleziona “No”. Dopo aver aggiornato la pagina, Yoast inserirà il meta tag corrispondente in automatico.
Meta tag HTML nel codice sorgente
Per siti non WordPress o in caso si preferisca un approccio manuale, è possibile inserire direttamente il tag nel <head>
della pagina:
<meta name="robots" content="noindex, follow">
Questa opzione richiede accesso ai file sorgente, via FTP o CMS personalizzato.
Intestazione HTTP con X-Robots-Tag
Per file non HTML o per una gestione più avanzata, il noindex
può essere inviato tramite intestazioni HTTP, ad esempio con PHP:
<?php
header("X-Robots-Tag: noindex, nofollow", true);
?>
Metodo | Livello tecnico | Controllo | Note |
---|---|---|---|
Rank Math | Basso | Medio | Plugin WordPress. Attivabile da pannello |
Yoast SEO | Basso | Medio | Plugin WordPress. Attivabile da pannello |
Meta tag HTML | Medio | Alto | Richiede accesso al codice sorgente |
Intestazione HTTP | Alto | Alto | Adatto anche per PDF, immagini e video |
Best practice per prevenire le pagine orfane
Più in generale è buona norma adottare pratiche editoriali coerenti, come inserire vari link interni in ogni articolo pubblicato, oppure pianificare l’interlinking nei contenuti in fase di stesura. Per ogni nuovo contenuto che si aggiunge, è bene ricontrollare che i vari articoli e pagine siano ben linkati fra di loro.
Può anche essere utile aggiornare periodicamente la sitemap XML per includere solo pagine attive e collegate, evitando così che Google dedichi tempo a contenuti scollegati. Il mantenimento di una buona struttura interna è essenziale non solo per la SEO, ma anche per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e valorizzare appieno ogni contenuto pubblicato.
Conclusioni
Le pagine orfane rappresentano un problema invisibile ma incisivo per la SEO. Non basta creare buoni contenuti: bisogna assicurarsi che siano raggiungibili, collegati, integrati nella struttura del sito. Con gli strumenti giusti, una buona strategia di interlinking e un hosting performante, è possibile eliminarle e prevenirle.
Ti consigliamo di iniziare oggi stesso un’analisi del tuo sito: potresti scoprire contenuti preziosi dimenticati. E se hai bisogno di un hosting che ti aiuti davvero a ottimizzare la SEO, esplora le soluzioni di SupportHost. Per qualsiasi dubbio o esperienza da condividere, lasciaci un commento!
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